Io sono il cambiamento by Carlo Vanoni

Io sono il cambiamento by Carlo Vanoni

autore:Carlo Vanoni [Vanoni, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Art, General
ISBN: 9788828212058
Google: 4F6oEAAAQBAJ
editore: Solferino
pubblicato: 2023-01-12T23:00:00+00:00


Se la sindrome di Manet, l’Impressionismo, il Cubismo, la sindrome di Cézanne e quella di Van Gogh sono sintomi della vecchiaia, il Dadaismo è la vera, assoluta, incontrovertibile vecchiaia. Il punto di non ritorno. L’inizio di una nuova fase della vita. Che non è meno bella di quella precedente. È diversa. Invecchiare significa anche tornare bambini, dimenticarsi le cose, confondersi, dare del «tu» al posto che del «lei», prendere le cose con giusto distacco, accettare il mondo con i suoi difetti. L’artificiale sostituisce il naturale: protesi, occhiali, auricolari nelle orecchie, carrozzine elettriche, poltrone elettriche, sollevatori elettrici, la vecchiaia è fare i conti con l’elettronica, ragion per cui ero passata dalla pittura alla luce dei tubi al fluorescente che sostituivano il pennello.

Tra i sintomi principali della vecchiaia, oltre ai già citati, mi ero dimenticata del Futurismo (ecco: la memoria è un’altra grande perdita della vecchiaia).

Nel 1912, lo ricordo benissimo, dissi che la scultura futurista «negava l’esclusività di una materia per la intera costruzione d’un insieme scultorio. Affermavo che anche venti materie diverse possono concorrere in una sola opera allo scopo dell’emozione plastica. Ne enumeravo alcune: vetro, legno, cartone, ferro, cemento, crine, cuoio, stoffa, specchi, luce elettrica»2 e altre che ora non ricordo.

Se mi rivedo nelle fotografie di questi ultimi cento anni, mi accorgo che molto spesso vesto abiti realizzati con quei materiali elencati nel 1912.

Ma non facciamone un dramma.

Oltre a queste manifatture, io non ho mai disdegnato la pittura. Invecchiare non significa abbandonare gli abiti che si indossavamo un tempo, ma riadattarli alle nostre nuove esigenze. Io dipingo ancora oggi. Io passo giornate intere con il pennello a ritrarre amici, paesaggi, oggetti inanimati e altre meraviglie.

Semplicemente, la mia testa non è più quella di un tempo, la mano sì, ma la testa no. Io amo i ricordi, ma guardo sempre avanti. Anche adesso che il mondo fa tranquillamente a meno di me e del mio modo di raccontare, ora che cinema, televisione, computer e telefoni sono in grado di mostrare angeli e girasoli, io non vado in pensione, io prendo atto del cambiamento e mi adatto.

Queste, in breve, le fasi del mio invecchiamento; a cui si aggiunge un progressivo disinteressarsi nei miei confronti da parte della gente. Che mi vorrebbe giovane come un tempo, quando apparivo nuda e perfettissima, elegantemente vestita, sempre attenta alla scelta degli abbinamenti cromatici, i colori giusti al posto giusto, gli abiti impeccabili cuciti su misura dai sarti, io al centro dei palazzi quando mi chiamavano primadonna, io la Madonna, io mani curate e capelli raccolti.

Io, quella bella.

Hanno scritto mille cose sulla mia bellezza, attribuendola a me come mia unica qualità, o se non l’unica quanto meno quella più evidente.

Ve lo ripeto un’altra volta: la maledetta bellezza che mi accompagna da sempre non è la mia unica qualità! Vorrei che fosse chiaro almeno questo.

Soprattutto oggi, che il mondo ne produce così tanta di bellezza, se fossi solo bella non servirei a niente. La carrozzeria di un’automobile, una borsa, un paio di scarpe, un computer o anche solo



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